Due parole di scusa
“Esiste sempre un lembo di terra / su cui possano sedersi due uomini”, scrisse il poeta brasiliano Carlos Drummond De Andrade. Aggiungerei: a raccontarsi la vita. I libri, i quadri, le musiche che amo sono sempre stati questo per me: un luogo in cui essere accolto e sostare per incontrare qualcuno - ma non solo gli autori di questi doni: anche altri come me, altri passanti attratti allo stesso modo dal luccichio pudico del bene e ora raccolti in quel lembo di terra e umanità offerte. Perché? Per ascoltare la vita raccontata: la vita in sé, innanzitutto; e, con sorpresa, la loro vita stessa e le sue vicende particolari, ora illuminate a giorno e ora tutt’uno con il proprio desiderio istintivo di penombra: rivelata, non smascherata; accarezzata, non colpita; mai forzata; mai violata. È così che ci troviamo anche noi a raccontarci - noi passanti radunati per avventura in quel lembo dialogante di terra: grati di sentirci finalmente a casa. Così, almeno, accade a me.
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(Nella foto, il mio amico Guido Zanderigo, a sinistra, e io: “esiste sempre un lembo di terra…”)